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Immagine del redattoreAlessandra Epifanio

SO QUEL CHE PROVI: il contagio emotivo


L’unico modo di capire le persone è sentirle dentro di te

-John Steinbeck-

Il termine empatia deriva dal greco ‘en-pathos’ e tradotto letteralmente significa ‘sentire dentro’, ad indicare la capacità di una persona di comprendere e provare le emozioni altrui. Questo meccanismo di rispecchiamento delle emozioni ha un importante funzione dal punto di vista evoluzionistico: riuscire a capire immediatamente lo stato d’animo degli altri, infatti, risultava fondamentale per riconoscere repentinamente un eventuale pericolo. Nonostante sia una competenza ancestrale dell’uomo, tale meccanismo è rimasto immutato nel tempo e ancora adesso influenza con forza il nostro stato d’animo.

L’empatia è una competenza fondamentale dal punto di vista relazionale e negli ultimi anni la ricerca scientifica internazionale si sta concentrando molto in questo campo con lo scopo di indagare i meccanismi che regolano e consentono tale capacità. Studi recenti hanno scoperto che alla base dell’empatia vi è una certa tipologia di cellule cerebrali (neuroni) il cui compito è appunto quello di permettere l’interpretazione delle emozioni altrui tramite l’attivazione delle stesse aree cerebrali coinvolte nell'emozione o sensazione che la persona sta osservando e per questo chiamati Neuroni Specchio. L’esistenza dei Neuroni Specchio fu rilevata per la prima volta verso la metà degli anni ’90 da un gruppo di ricercatori italiani (dipartimento di neuroscienze dell’Università di Parma) mentre svolgeva studi sperimentali sui macachi. Questi ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a compiere determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni. Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l’esistenza di sistemi simili anche negli uomini che sembrano coinvolgere diverse aree cerebrali, comprese quelle del linguaggio.

I neuroni specchio rappresentano la spiegazione fisiologica alla nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Quando osserviamo qualcuno compiere una certa azione, infatti, nel nostro cervello si attivano gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo comprendere con facilità le azioni degli altri: nel nostro cervello si accendono circuiti nervosi che richiamano analoghe azioni compiute da noi in passato.

Anche nel riconoscimento delle emozioni i neuroni specchio rivestono un ruolo fondamentale avvalendosi di circuiti neurali che, per quanto differenti, condividono quella proprietà “specchio” già rilevata nel caso della comprensione delle azioni. Basta guardare la persona che abbiamo di fronte per sapere se è felice o triste, per entrare in empatia con essa. Ciò avviene tramite l’attivazione dei neuroni specchio che permette la simulazione (incarnata) degli stessi movimenti fatti dalla persona osservata (i movimenti mimici facciali) e la codifica di tali informazioni, consentendo così di interpretare e comprendere lo stato d’animo di chi ci sta di fronte.

Studi sperimentali sulle emozioni primarie mostrano che quando osserviamo negli altri una manifestazione di dolore o di disgusto si attiva, nel nostro cervello, il medesimo substrato neuronale collegato alla percezione in prima persona dello stesso tipo di emozione. Ciò viene confermato anche da studi clinici su pazienti affetti da patologie neurologiche: una volta perduta la capacità di provare un’emozione non si è più in grado di riconoscerla quando viene espressa da altri.

Questo scambio profondo e fisiologico di informazioni di natura emozionale evidenzia un altro importante aspetto ovvero la possibilità di trasmettere le proprie emozioni agli altri, e di farsele trasmettere in egual misura: interagendo con persone diverse si scambiano non solo informazioni ma anche stati d’animo, che quindi tenderanno a bilanciarsi a vicenda fino a raggiungere un punto stabile.

E' per tale motivo che risulta importante circondarsi di persone positive, al fine di "contagiarsi" di tale positività, profondamente. Allo stesso modo, specialmente quando si lavora in team, è importante cercare di regolare i propri stati emozionali evitando così di trasmettere un proprio stato d'animo negativo agli altri componenti del gruppo. Entrare in risonanza negativa con l'altro, infatti, favorisce lo sviluppo di un'immagine negativa di sé all'altro. Essere consapevoli di questi meccanismi di rispecchiamento emotivo risulta quindi fondamentale per consolidare una maggiore competenza empatica, che è alla base di un'intelligenza emotiva.

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